27 febbraio 2006

Chalkdust


Il gesso, polvere che riempie i miei polmoni, compone nel pensiero cornici stucchevoli e modelli di conoscenza. L’in/formazione diviene tale solo nella comunicazione. Occorre parlare con l’altro o con gli altri. Lo stucco si sgretola. Meglio con le altre, creature femminili, più adatte a sostenere urti e a ridarne. Scrivere non serve a nulla, occorre pubblicare. Pubblicare non serve a nulla, occorre scrivere. Occorre semmai un pubblico, un luogo, una divulgazione, una lettura. Paola, dalla chioma come spuma di mare, sa suonare le frasi. Incanta, con parole incomprensibili. Partiture di una sinfonia, in cui le interruzioni delle altre sono “contraltare” di “uno spettacolo complesso e mutevole”. Creano, nell’incompletezza, input. La pagina scritta è solamente un enzima. Dal suono alla metafora nessuno spazio assente. Continuità come un flusso di liquido caldo nella gola; un ‘cafè’, una tazza di cioccolata, un bacio a lingua saettante. Giovanna, studiosa montessoriana, sostiene che la metafora, storicamente, individua un livello comunicativo “superiore”. E che in ogni caso, non esisteva prima di Omero.
I cuccioli di scimmia, che giocano rotolandosi, sono una metafora di guerra per sopravvivere. L’adulto perde la metafora e sostiene la sua violenza per la sua personale sopravvivenza. La persona femminile, e posso definire con questa indicazione le creature che si riproducono, alterna lotta e ironia e dunque gioco. Per creature che si riproducono, non intendo le donne matrici, ma le donne che strutturano modelli di conoscenza condivisibili. Io credo che solo una mente comune e comunicante possa biologicamente produrre un probabile modello di vita sostenibile. Lo sviluppo occidentale è altra cosa, ha una matrice fissa, isterica e messaggera di stress e di contrapposizioni devastanti. Tra gli ingranaggi d’acciaio, perennemente in moto, una moneta sarà sbriciolata. La tribologia avrà bisogno di tempo, ma le ruote senza manutenzione, senza lubrificazione, andranno in obsolescenza. La consistenza di un’idea, la sua massa volumica, la sua densità si concretizzano nella comunicazione non verbale. Il suono delle parole muta il significato; è nei silenzi, del gruppo di persone che dialogano, che si fissano le assonanze e le dissonanze, ascoltate o dette. Sentire gli altri parlare mi dà grande fastidio, sentire gli altri fonare, mi rilassa. Cosa mi/ci resta di una pagina appena letta, di uno scritto anche faticoso: la meraviglia, il gusto, il sapore. Non il nome di un personaggio non i suoi patimenti o sbigottimenti, o i suoi pensieri, bensì lo svaporare d’un idea, che non va mai assolutamente condensato. Per lasciare spazio a...     altre altri altro.

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